Ero da poco entrato in quella che, una volta, veniva definita “maggiore età” e non me la passavo male nella mia succinta famiglia della quale mio padre e io esaurivamo il numero dei componenti. Lui era un eccellente ragazzo-padre nel senso che ci separavano solo 24 anni. Ragazzo nei casi in cui avevo bisogno di rapportarmi a lui come a un fratello maggiore, padre quando c’era da assumersi le responsabilità che il ruolo comporta. Mia madre si era defilata dagli orizzonti famigliari molto tempo prima, apparentemente senza traumi per nessuno dei tre. Semplicemente, una sera, aveva omesso di rientrare a casa ed era svanita dentro una mia personalissima foschia biancastra popolata di presenze mancate e affettività interrotte.
Mio padre, invece, se n’era fatta una ragione. Lui sapeva fin dall’inizio che si trattava di una storia a termine. “Fa parte del rischio d’impresa” – commentò una volta che capitammo sull’argomento – “specie quando investi su una creatura bellissima com’era lei ma anche terribilmente inquieta”. “E tu in qualche modo le assomigli”.
I primi tempi dopo il suo distacco mi telefonava un paio di volte al mese, spesso da luoghi esotici , ogni volta diversi, ma in seguito i contatti si fecero sempre più rari fino a cessare del tutto.
Io conducevo la normale vita di un ragazzo borghese: frequentavo l’università, giocavo da pivot a basket, rimediavo continui infortuni a calcetto e me la cavavo piuttosto bene a tennis e con le ragazze.
Quell’anno mi ero trasferito a Siviglia per l’Erasmus. Città fantastica, effervescente di millenaria cultura, amalgama di civiltà e copiosa di occasioni per un giovane di belle speranze. A una festa conobbi Lisa, sedicenne bellezza iberica mora con due magici occhi azzurri che ad ogni sguardo mi suscitavano un’indefinibile emozione. Orfana di un ricco allevatore di tori da combattimento, Lisa condivideva con me un sacco di interessi e anche quel feeling speciale , empatico, stranamente familiare suscettibile di trasformare un incontro casuale in amicizia intima fino ad evolvere verso un carnale desiderio reciproco che, nel nostro caso, riusciva a saziarsi solo in una furibonda frequentazione fisica.
La nostra storia aveva dello straordinario: nonostante la sua giovane età, mai una discussione, mai un broncio, un capriccio; partecipavamo sempre e all’unisono dello stesso desiderio; qualsiasi cosa volessimo fare lo volevamo entrambi. Lei non era gelosa, solo possessiva. Ci poteva anche stare che io finissi a letto con qualche sua amica, tanto lei era sicura di potermi recuperare in qualsiasi momento. E aveva ragione.
Per il mio compleanno il dono di Lisa fu davvero speciale: mi procurò l’ingresso a un club mooolto esclusivo situato in una castello privato sulle colline appena fuori città. Si diede da fare per recuperarmi uno smoking, insistette perché prendessi la sua Mini Cooper verde e volle che ci andassi senza di lei “perché le situazioni più intriganti si palesano solo al battitore libero”. Mai previsione si rivelò più azzeccata.
La location era suggestiva: il riflesso della luna sulle placide acque del Guadalquivir creava argentei giochi di luce che giungevano fino a riva. Gli ospiti venivano filtrati all’ingresso da due enormi mori, per essere poi affidati ciascuno a una ragazza diversa– tutte esotiche bellezze in costume da odalisca – che sarebbe stata la sua accompagnatrice per l’intera serata. A me toccò Ghizlane, una voluttuosa giovane saharawi , che, giocosamente, ma forse neanche troppo, si presentò dichiarandosi, con un sorriso, mia schiava e umile ricettacolo di ogni mio desiderio. Le varie sale del castello interpretavano temi della cultura mudejar; io mi fermai in una dove il suono ipnotico di un oud pizzicato con rara maestria diffondeva le note malinconiche di antiche melodie arabo-andaluse. Ghizlane, accovacciata sul pouf accanto a me mi porgeva con le sue dita affusolate leccornie di ogni genere attingendo al tavolo del buffet.
Improvvisamente avvertii il montare di un’onda, come un potente campo magnetico che stava sgretolando l’aura di estatico incantamento in cui mi trovavo avvolto. Dall’altra parte della sala una diafana visione femminile aveva “agganciato” come un sistema radar di acquisizione del bersaglio, la mia presenza e non se ne distoglieva più. Io mi alzai come un automa, pervaso da una specie di trance che mi sospingeva irresistibilmente verso di lei fino a gettarci l’uno tra le braccia dell’altro.
Fu così che, dopo quindici anni, rincontrai mia madre.
Mia madre… madre… parola che rimanda nell’iconografia tradizionale a esili madonne col bambino grondanti d’amore e devozione per il pupo che tengono in braccio. Ma qui le cose stavano diversamente: la donna con la quale era scattato un reciproco magico nonsoché era un pezzo di figa di 38 anni bella e avvolgente come la luna nelle calde notti di mezza estate. Mi disse di aspettarla il tempo necessario a organizzare la sua eclissi dall’ “evento” per il resto della serata, poi sussurrò qualcosa alla mia accompagnatrice e, rivolgendomi un sorriso denso di indecifrabili significati, scomparve. Ghizlane mi prese per mano e mi accompagnò direttamente al quarto e ultimo piano del castello. Mi spiegò che il secondo era adibito a foresteria per gli ospiti che desideravano intrattenersi con le ragazze e al terzo si trovavano gli alloggi del personale. A questo punto le chiesi con una certa trepidazione che cosa c’entrasse esattamente la signora che mi aveva abbracciato e lei mi rispose che era la proprietaria del castello e titolare del business. Mi fece accomodare in un lussuoso appartamento dalle cui vetrate si dominava tutta la valle del Guadalquivir e si accommiatò con un bacio a fior di labbra. Non ebbi molto tempo per mettere a fuoco il puzzle di informazioni, sensazioni ed emozioni che nell’ultima mezz’ora mi erano piovute addosso perché di lì a poco bussarono alla porta ed entrò mia madre.
Parlammo a lungo, dopo. Lei era raggiante, mi guardava con quei suoi magici occhi azzurri che mi rimestavano l’animo con inquietanti abbinamenti subliminali, mi accarezzava, mi stringeva a sé, mi diceva cose bellissime inebriandomi con le spire del suo impercettibile profumo. Poi mi prese dolcemente la testa tra le mani attirandola verso il suo seno. Si accorse della mia riluttanza – “ma dai, sciocchino, non ricordi quante volte mi hai già preso le tette in bocca? E non te ne volevi staccare, sai, e ora non ti piace più”? La guardai stranito, ma il mio uccello, che per sua ontologica natura aveva afferrato la situazione al volo, era diventato un blocco di marmo vibrante dell’atroce spasimo di riportarmi dentro quel corpo di donna da cui ero uscito vent’anni prima.
Come i salmoni che tornano a deporre le uova là dove sono nati, anch’io mi ritrovai a ripercorrere quella stessa strada all’incontrario, sfogando tra le prensili e avvolgenti mucose di quella vagina l’infinito amore per la donna che mi aveva messo al mondo e tutto il rancore per quella stessa donna che, poi, se n’era andata per sempre. Anche lei sembrava capirlo quando inarcava il bacino quasi a volermi risucchiare tutto dentro di sé. Poi le parti si invertirono e i nostri corpi anche: mia madre, accucciata sul mio viso mi porgeva l’orifizio attraverso il quale mi aveva dato alla luce, quasi a chiedermi di compensarne l’antica sofferenza con appassionati baci filiali. Quindi inclinò il busto e le sue labbra si chiusero delicatamente attorno al mio uccello con la lingua che non cessava di accarezzarne il glande in una completa regressione orale, come un bambino che non vuole separarsi dal ciuccio.
Non fu sesso, ma la celebrazione di un rito di rebirthing nel quale entrambi riproducemmo l’atto creativo della nascita, che ci lasciò spossati come dopo un vero parto.
Mia madre cercò di sdrammatizzare il mio turbamento edipico con una battuta: “sei l’uomo che ho avuto più a lungo dentro di me… comprendendo, ovviamente, inove mesi di gestazione”. Il sonno ci sorprese ancora abbracciati.
Al risveglio parlammo a lungo. Lei mi raccontò i suoi 15 anni che mi mancavano:
se ne era andata al seguito di uno zingaro del mare sulla sua barca e per quasi 3 anni avevano solcato insieme gli oceani. Poi, stanca di avere i capelli sempre arricciati dall’umidità e infeltriti dalla salsedine, era sbarcata a Cadice. Lì aveva conosciuto Alonso, un ricco allevatore di tori andaluso molto più anziano di lei, dal quale aveva avuto una figlia…. Sobbalzai. Queste ultime parole mi avevano scatenato un cortocircuito emozionale che non tardò a trovare conferma dell’atroce sospetto negli stessi magici occhi azzurri che accomunavano Lisa e mia madre.
“Alla sua morte – proseguì lei con uno strano sorriso - io ereditai questo castello e ne feci un’oasi esclusiva dedicata al culto della bellezza e del piacere”. Poi aggiunse come per inciso: “tua sorella si chiama Lisa”.
Non è per fare sesso che si paga una donna, ma perché, poi, sparisca senza ulteriori pretese.
SI postano anche i racconti erotici qui? Ci sono siti appositi.
A Bangkok si arriva quando si sente che nessuno ci amerà più, quando si getta la spugna, e a pensarci bene la città è solo questo, il protocollo di una caduta... (Lawrence Osborne)
La sottile differenza che distingue il GT dal semplice turista sessuale.? Un GT non rinuncerebbe mai al viaggio, all'avventura ed alla conoscenza di nuove culture....e li compie anche se ha una soddisfacente vita sessuale dove risiede.
Il turista sessuale se avesse il mangime a casa resterebbe chiuso nella sua gabbietta.
La sessualità è fenomeno complesso e pervasivo di cui siamo impregnati da capo a piedi, che va ben oltre il mero fattore biologico, fino a comprendere non solo la genitalità ma anche l'affettività, la corporeità, la cultura e i suoi valori. La sessualità non ha nulla a che vedere con l'attività sessuale che ne rappresenta una manifestazione residuale, al contrario si manifesta olisticamente in tutto il nostro agire e determina ciò che ciascuno ontologicamente è.
L'incesto, che ho voluto esplorare nel mio racconto, fa la parte del leone in ogni immaginario erotico, a livello di proiezioni affettive e pulsioni inconscie.
Già immaginavo che in un contesto di ciulatori seriali, confinati all'interno dei ristretti ambiti della tradizione e della figa obbligatoriamente esogama dalle costrizioni e divieti sociali, il tema potesse suscitare qualche imbarazzo, ma invito a ragionare sul fatto che se per nove mesi siamo stati parte integrante del corpo di una donna uscendone, al momento della nascita, attraverso quel condotto in cui poi da adulti cerchiamo spasmodicamente di rinfilarci, forse un qualche nesso c'è. E senza timore di ammetterlo.
Non è per fare sesso che si paga una donna, ma perché, poi, sparisca senza ulteriori pretese.
Ciao Giada, scusami con Renè e Chilone ma questa sera ho promesso a mammà di andare dalla principessa Altoprati, c'è una riunione per lo scisma Lefèvre. Io non so neanche dove sia la casa, perché non c'è fica e non ho mai messo piede. Giovan Maria Catalan Belmonte
Per la sezione fantasy c'è il supercazzeggio di Gnoccatravels...
POi ho letto una frase per me da brividi..."l'incesto fa la parte del leone in ogni immagianario erotico a livello di proiezioni affettive e di pulsioni inconscie"...nel tuo immagianrio non nel mio...
Ora qui su GT dopo la sezione trans, apriranno anche la sezione per l'incesto ?
@federking888 - l'immaginario è, per definizione, inconscio. Quelle cui ti riferisci tu sono fantasie. Chissà quante volte hai sognato di farti la mamma e poi hai rimosso!
Non è per fare sesso che si paga una donna, ma perché, poi, sparisca senza ulteriori pretese.
@spermaflex confondi il mondo adulto con quello infantile.
Ciao Giada, scusami con Renè e Chilone ma questa sera ho promesso a mammà di andare dalla principessa Altoprati, c'è una riunione per lo scisma Lefèvre. Io non so neanche dove sia la casa, perché non c'è fica e non ho mai messo piede. Giovan Maria Catalan Belmonte
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spermaflex
18/06/2016 | 16:14 51-100
Silver
Ero da poco entrato in quella che, una volta, veniva definita “maggiore età” e non me la passavo male nella mia succinta famiglia della quale mio padre e io esaurivamo il numero dei componenti. Lui era un eccellente ragazzo-padre nel senso che ci separavano solo 24 anni. Ragazzo nei casi in cui avevo bisogno di rapportarmi a lui come a un fratello maggiore, padre quando c’era da assumersi le responsabilità che il ruolo comporta. Mia madre si era defilata dagli orizzonti famigliari molto tempo prima, apparentemente senza traumi per nessuno dei tre. Semplicemente, una sera, aveva omesso di rientrare a casa ed era svanita dentro una mia personalissima foschia biancastra popolata di presenze mancate e affettività interrotte.
Mio padre, invece, se n’era fatta una ragione. Lui sapeva fin dall’inizio che si trattava di una storia a termine. “Fa parte del rischio d’impresa” – commentò una volta che capitammo sull’argomento – “specie quando investi su una creatura bellissima com’era lei ma anche terribilmente inquieta”. “E tu in qualche modo le assomigli”.
I primi tempi dopo il suo distacco mi telefonava un paio di volte al mese, spesso da luoghi esotici , ogni volta diversi, ma in seguito i contatti si fecero sempre più rari fino a cessare del tutto.
Io conducevo la normale vita di un ragazzo borghese: frequentavo l’università, giocavo da pivot a basket, rimediavo continui infortuni a calcetto e me la cavavo piuttosto bene a tennis e con le ragazze.
Quell’anno mi ero trasferito a Siviglia per l’Erasmus. Città fantastica, effervescente di millenaria cultura, amalgama di civiltà e copiosa di occasioni per un giovane di belle speranze. A una festa conobbi Lisa, sedicenne bellezza iberica mora con due magici occhi azzurri che ad ogni sguardo mi suscitavano un’indefinibile emozione. Orfana di un ricco allevatore di tori da combattimento, Lisa condivideva con me un sacco di interessi e anche quel feeling speciale , empatico, stranamente familiare suscettibile di trasformare un incontro casuale in amicizia intima fino ad evolvere verso un carnale desiderio reciproco che, nel nostro caso, riusciva a saziarsi solo in una furibonda frequentazione fisica.
La nostra storia aveva dello straordinario: nonostante la sua giovane età, mai una discussione, mai un broncio, un capriccio; partecipavamo sempre e all’unisono dello stesso desiderio; qualsiasi cosa volessimo fare lo volevamo entrambi. Lei non era gelosa, solo possessiva. Ci poteva anche stare che io finissi a letto con qualche sua amica, tanto lei era sicura di potermi recuperare in qualsiasi momento. E aveva ragione.
Per il mio compleanno il dono di Lisa fu davvero speciale: mi procurò l’ingresso a un club mooolto esclusivo situato in una castello privato sulle colline appena fuori città. Si diede da fare per recuperarmi uno smoking, insistette perché prendessi la sua Mini Cooper verde e volle che ci andassi senza di lei “perché le situazioni più intriganti si palesano solo al battitore libero”. Mai previsione si rivelò più azzeccata.
La location era suggestiva: il riflesso della luna sulle placide acque del Guadalquivir creava argentei giochi di luce che giungevano fino a riva. Gli ospiti venivano filtrati all’ingresso da due enormi mori, per essere poi affidati ciascuno a una ragazza diversa– tutte esotiche bellezze in costume da odalisca – che sarebbe stata la sua accompagnatrice per l’intera serata. A me toccò Ghizlane, una voluttuosa giovane saharawi , che, giocosamente, ma forse neanche troppo, si presentò dichiarandosi, con un sorriso, mia schiava e umile ricettacolo di ogni mio desiderio. Le varie sale del castello interpretavano temi della cultura mudejar; io mi fermai in una dove il suono ipnotico di un oud pizzicato con rara maestria diffondeva le note malinconiche di antiche melodie arabo-andaluse. Ghizlane, accovacciata sul pouf accanto a me mi porgeva con le sue dita affusolate leccornie di ogni genere attingendo al tavolo del buffet.
Improvvisamente avvertii il montare di un’onda, come un potente campo magnetico che stava sgretolando l’aura di estatico incantamento in cui mi trovavo avvolto. Dall’altra parte della sala una diafana visione femminile aveva “agganciato” come un sistema radar di acquisizione del bersaglio, la mia presenza e non se ne distoglieva più. Io mi alzai come un automa, pervaso da una specie di trance che mi sospingeva irresistibilmente verso di lei fino a gettarci l’uno tra le braccia dell’altro.
Fu così che, dopo quindici anni, rincontrai mia madre.
Mia madre… madre… parola che rimanda nell’iconografia tradizionale a esili madonne col bambino grondanti d’amore e devozione per il pupo che tengono in braccio. Ma qui le cose stavano diversamente: la donna con la quale era scattato un reciproco magico nonsoché era un pezzo di figa di 38 anni bella e avvolgente come la luna nelle calde notti di mezza estate. Mi disse di aspettarla il tempo necessario a organizzare la sua eclissi dall’ “evento” per il resto della serata, poi sussurrò qualcosa alla mia accompagnatrice e, rivolgendomi un sorriso denso di indecifrabili significati, scomparve. Ghizlane mi prese per mano e mi accompagnò direttamente al quarto e ultimo piano del castello. Mi spiegò che il secondo era adibito a foresteria per gli ospiti che desideravano intrattenersi con le ragazze e al terzo si trovavano gli alloggi del personale. A questo punto le chiesi con una certa trepidazione che cosa c’entrasse esattamente la signora che mi aveva abbracciato e lei mi rispose che era la proprietaria del castello e titolare del business. Mi fece accomodare in un lussuoso appartamento dalle cui vetrate si dominava tutta la valle del Guadalquivir e si accommiatò con un bacio a fior di labbra. Non ebbi molto tempo per mettere a fuoco il puzzle di informazioni, sensazioni ed emozioni che nell’ultima mezz’ora mi erano piovute addosso perché di lì a poco bussarono alla porta ed entrò mia madre.
Parlammo a lungo, dopo. Lei era raggiante, mi guardava con quei suoi magici occhi azzurri che mi rimestavano l’animo con inquietanti abbinamenti subliminali, mi accarezzava, mi stringeva a sé, mi diceva cose bellissime inebriandomi con le spire del suo impercettibile profumo. Poi mi prese dolcemente la testa tra le mani attirandola verso il suo seno. Si accorse della mia riluttanza – “ma dai, sciocchino, non ricordi quante volte mi hai già preso le tette in bocca? E non te ne volevi staccare, sai, e ora non ti piace più”? La guardai stranito, ma il mio uccello, che per sua ontologica natura aveva afferrato la situazione al volo, era diventato un blocco di marmo vibrante dell’atroce spasimo di riportarmi dentro quel corpo di donna da cui ero uscito vent’anni prima.
Come i salmoni che tornano a deporre le uova là dove sono nati, anch’io mi ritrovai a ripercorrere quella stessa strada all’incontrario, sfogando tra le prensili e avvolgenti mucose di quella vagina l’infinito amore per la donna che mi aveva messo al mondo e tutto il rancore per quella stessa donna che, poi, se n’era andata per sempre. Anche lei sembrava capirlo quando inarcava il bacino quasi a volermi risucchiare tutto dentro di sé. Poi le parti si invertirono e i nostri corpi anche: mia madre, accucciata sul mio viso mi porgeva l’orifizio attraverso il quale mi aveva dato alla luce, quasi a chiedermi di compensarne l’antica sofferenza con appassionati baci filiali. Quindi inclinò il busto e le sue labbra si chiusero delicatamente attorno al mio uccello con la lingua che non cessava di accarezzarne il glande in una completa regressione orale, come un bambino che non vuole separarsi dal ciuccio.
Non fu sesso, ma la celebrazione di un rito di rebirthing nel quale entrambi riproducemmo l’atto creativo della nascita, che ci lasciò spossati come dopo un vero parto.
Mia madre cercò di sdrammatizzare il mio turbamento edipico con una battuta: “sei l’uomo che ho avuto più a lungo dentro di me… comprendendo, ovviamente, inove mesi di gestazione”. Il sonno ci sorprese ancora abbracciati.
Al risveglio parlammo a lungo. Lei mi raccontò i suoi 15 anni che mi mancavano:
se ne era andata al seguito di uno zingaro del mare sulla sua barca e per quasi 3 anni avevano solcato insieme gli oceani. Poi, stanca di avere i capelli sempre arricciati dall’umidità e infeltriti dalla salsedine, era sbarcata a Cadice. Lì aveva conosciuto Alonso, un ricco allevatore di tori andaluso molto più anziano di lei, dal quale aveva avuto una figlia…. Sobbalzai. Queste ultime parole mi avevano scatenato un cortocircuito emozionale che non tardò a trovare conferma dell’atroce sospetto negli stessi magici occhi azzurri che accomunavano Lisa e mia madre.
“Alla sua morte – proseguì lei con uno strano sorriso - io ereditai questo castello e ne feci un’oasi esclusiva dedicata al culto della bellezza e del piacere”. Poi aggiunse come per inciso: “tua sorella si chiama Lisa”.
Non è per fare sesso che si paga una donna, ma perché, poi, sparisca senza ulteriori pretese.
brokenass
18/06/2016 | 19:55
Silver
... sí e nostro signore dopo la crocifissione,tornó a casa sulle proprie gambe...bello stile comunque.
Leggi le recensioni ESCORT e non farti fregare, trova la ESCORT nella tua cittàtagete
18/06/2016 | 20:08
Newbie
SI postano anche i racconti erotici qui? Ci sono siti appositi.
A Bangkok si arriva quando si sente che nessuno ci amerà più, quando si getta la spugna, e a pensarci bene la città è solo questo, il protocollo di una caduta... (Lawrence Osborne)
FlautoMagico
19/06/2016 | 16:29
Roma | 36-50
Gold
Meraviglioso racconto, da approfondire il rapporto con la madre…
- Che cazzo è quello?
- Ti sei risposto da sola.
baluba
19/06/2016 | 17:30
Silver
@spermaflex scusa ma non capisco il senso di questo post. Non è che hai sbagliato forum?
Ps: le storie incestuose (in questo caso di doppio incesto) non fanno per me.
INCONTRA DONNE VOGLIOSEGenovese1975
19/06/2016 | 17:33
Gold
Mah.
La sottile differenza che distingue il GT dal semplice turista sessuale.? Un GT non rinuncerebbe mai al viaggio, all'avventura ed alla conoscenza di nuove culture....e li compie anche se ha una soddisfacente vita sessuale dove risiede.
Il turista sessuale se avesse il mangime a casa resterebbe chiuso nella sua gabbietta.
oreste
19/06/2016 | 20:47
S. Bernarda
Gold
Una botta..........di fantasia! =D>
La vita è un panino: ciò che conta è quello che gli metti dentro.
spermaflex
20/06/2016 | 10:55 51-100
Silver
La sessualità è fenomeno complesso e pervasivo di cui siamo impregnati da capo a piedi, che va ben oltre il mero fattore biologico, fino a comprendere non solo la genitalità ma anche l'affettività, la corporeità, la cultura e i suoi valori. La sessualità non ha nulla a che vedere con l'attività sessuale che ne rappresenta una manifestazione residuale, al contrario si manifesta olisticamente in tutto il nostro agire e determina ciò che ciascuno ontologicamente è.
L'incesto, che ho voluto esplorare nel mio racconto, fa la parte del leone in ogni immaginario erotico, a livello di proiezioni affettive e pulsioni inconscie.
Già immaginavo che in un contesto di ciulatori seriali, confinati all'interno dei ristretti ambiti della tradizione e della figa obbligatoriamente esogama dalle costrizioni e divieti sociali, il tema potesse suscitare qualche imbarazzo, ma invito a ragionare sul fatto che se per nove mesi siamo stati parte integrante del corpo di una donna uscendone, al momento della nascita, attraverso quel condotto in cui poi da adulti cerchiamo spasmodicamente di rinfilarci, forse un qualche nesso c'è. E senza timore di ammetterlo.
Non è per fare sesso che si paga una donna, ma perché, poi, sparisca senza ulteriori pretese.
Gnoccatravels
20/06/2016 | 11:33
Admin
bellissimo racconto:)
Gnoccatravels, il portale dei viaggi della gnocca
http://www.gnoccatravels.com
Nikkolò
20/06/2016 | 11:51
Silver
Perdonami, ma quante stronzate hai messo insieme.
Ciao Giada, scusami con Renè e Chilone ma questa sera ho promesso a mammà di andare dalla principessa Altoprati, c'è una riunione per lo scisma Lefèvre. Io non so neanche dove sia la casa, perché non c'è fica e non ho mai messo piede. Giovan Maria Catalan Belmonte
gimmie
20/06/2016 | 12:46
Silver
Complimenti per la fantasia e il lessico forbito ma sento di aver perso tempo leggendo questa pagliacciata.
FICA com Deus
RFtravelsking8
20/06/2016 | 13:39 26-35
Silver
Per la sezione fantasy c'è il supercazzeggio di Gnoccatravels...
POi ho letto una frase per me da brividi..."l'incesto fa la parte del leone in ogni immagianario erotico a livello di proiezioni affettive e di pulsioni inconscie"...nel tuo immagianrio non nel mio...
Ora qui su GT dopo la sezione trans, apriranno anche la sezione per l'incesto ?
Vero che il mondo è vario però...
spermaflex
20/06/2016 | 14:13 51-100
Silver
@federking888 - l'immaginario è, per definizione, inconscio. Quelle cui ti riferisci tu sono fantasie. Chissà quante volte hai sognato di farti la mamma e poi hai rimosso!
Non è per fare sesso che si paga una donna, ma perché, poi, sparisca senza ulteriori pretese.
Nikkolò
20/06/2016 | 14:33
Silver
@spermaflex confondi il mondo adulto con quello infantile.
Ciao Giada, scusami con Renè e Chilone ma questa sera ho promesso a mammà di andare dalla principessa Altoprati, c'è una riunione per lo scisma Lefèvre. Io non so neanche dove sia la casa, perché non c'è fica e non ho mai messo piede. Giovan Maria Catalan Belmonte
spermaflex
20/06/2016 | 15:31 51-100
Silver
@Nikkolò: http://www.archetipi.org/psicologia/es-io-e-superio
Guai a non essere anche un po' bambini.
Non è per fare sesso che si paga una donna, ma perché, poi, sparisca senza ulteriori pretese.
FlautoMagico
20/06/2016 | 16:58
Roma | 36-50
Gold
Io mi sono fatto molte mamme, poi ho rimosso… :-D
- Che cazzo è quello?
- Ti sei risposto da sola.
rasato01
20/06/2016 | 19:17
Newbie
Siccome sono un po' attempato, volevo sapere se questo racconto viaggia nell'immaginario e nel nel nostro tempo reale?
INCONTRA DONNE VOGLIOSE