Home \ Asia \ Vietnam \ Tutte quelle che scappano sono Vietcong. Tutte quelle che restano ferme sono Vietcong che vogliono provare il pisellone bianco (cit.)
Tutte quelle che scappano sono Vietcong. Tutte quelle che restano ferme sono Vietcong che vogliono provare il pisellone bianco (cit.)
Scrivo dopo dieci giorni e notti intensi a dir poco in quel merviglioso Paese che è il Vietnam, terra bistrattata e consunta dal colonialismo franzoso e da secoli di feroce feudalesimo autoctono, oltre che dal ben noto conflitto ventennale con l'Ammeriga capitalista e imperialista.
Data la mia indole poco incline a ricalcare quanto già fatto e codificato da milioni di altri visitatori di questa terra ancora poco strutturata ad accogliere un turismo, diciamo, di massa, ho preferito organizzare il mio itinerario in senso inverso rispetto alla direttiva dominante, ovvero quella che da Nord porta a Sud. E così ho cominciato a scoprire l'universo vietnamita direttamente da Sai Gòn, ribattezzata Ho Chi Minh City dai comunistazzi che governano il Paese in sinergia con la vicina Cina, che tutti o quasi adorano come noialtri facciamo con la cara, vecchia fai-ga (libera cit. Jerry Calà, Vacanze in America). Il volo Airasia da Bangkok è arrivato in orario, come assai spesso accade quando si vola con questa fantastica compagnia low cost, e una volta fuori dall'aeroporto non è stato difficile trovare un modo rapido e soprattutto economico di raggiungere il mio hotel, il Sonnet Saigon Hotel, un onesto tre stelle sito in zona centrale e strategica, a distanza pedonale da tutte le attrattive artistiche e culturali che la città offre, ma soprattutto sufficientemente al riparo da tutta la serie di ostelli e alberghetti popolati dalle schiere di fighetti backpacker, sui quali tornerò a fine rece per un simpatico aneddoto atto ad illustrarne tutta l'ipocrisia modaiola.
Una volta liberatomi del bagaglio e fatta una rpida doccia, decido di uscire per una prima escursione ricognitiva, oltre che per mangiare un boccone.
Non avendo voglia di rischiare da subito con lo street food locale, che a posteriori si rivelerà una scoperta sfiziosa e (ad ora) del tutto sana, opto per un sushi tei, ovvero una catena molto diffusa in Asia e che avevo a suo tempo scoperto nella mia amata Jakarta, ovvero la capitale mondiale del free. Finita la pappatoria, mi avventuro nella zona del mercato diurno e notturno, per imbattermi in una serie di centri massaggi popolati da gnocche e gnocchette tutte in uniforme, come si addice ad ogni regime che si rispetti. Memore di quanto letto sui forum sparsi per il web e nelle recensioni pubblicate su GT da altri avventori della gnocca mandorlata, propendo per un approccio coi piedi di piombo, tanto per mantenere un lessico di stampo bellico. Nonostante le premesse, non riesco a resistere al richiamo di una dea profumata e frangettata, pelle color porcellana, fisico asciutto da modella e statura invidiabile per molte asiatiche e un buon 90% delle melanzane italiche.. La tipa mi mostra il menu della casa, constante di massaggi standard (body, foot, head and shoulder, tanto per intenderci), ma non accenna ad alcun extra. Decido di fare io la la prima mossa e le dico apertamente che non me ne frega una beneamata di farmi spezzare la schiena, ma che voglio qualcosa di speciale e molto, molto privato. La porcellina se la ride e mi dice che sì, tutto si può fare, ma che per una bottarella nel privé ci vogliono 100 dolla. Stavolta è il mio turno di ridere e le rispondo no no, mamma dice che più di 40 dolla non devo spendere (cit.) Comincia la contrattazione, ma complice il fatto che sono cresciuto a Napoli, la bimba scoprirà presto che è dura tirare sul prezzo con il sottoscritto. Alla fine la sfango per 60 dolla e lei mi prende per mano, portandomi nel retro della boutique, tra gli sguardi incazzati di due o tre colleghe che probabilmente la stanno maledicendo per essersi concessa così facilmente all'uomo bianco, zozzo capitalista e imperialista.
Entriamo in una stanzetta e lei mi lava accuratamente l'uccello per poi asciugarmelo con un panno che sembra di seta, bello e profumato quasi quanto lei, poi mi fa segno di rimettermi le mutande e di stendermi sul lettino per il massaggio. Io le ripeto che m'importa una sega, ma lei è irremovibile e pure mezza incazzata, così decido di ubbidire e mi lascio manipolare la schiena per mezz'ora buona. Quando mi dice di girarmi e di mettermi supino, le prendo subito la manina fatata e la poso sul mio uccello, che per magia diventa subito duro come il marmo di carrara più puro e immacolato. Lei ride per la seconda volta da quando ci conosciamo, che ormai sembra quasi una vita, e io ne approfitto per chiederle di succhiarmelo. Detto fatto, me lo sta slinguazzando tutto che è un piacere e tempo due o tre minuti sono già quasi sul punto di venire, così le accarezzo dolcemente l'arrapantissima frangetta e le chiedo di spogliarsi. Niente,nothing, rien, nada! Questo proprio non si può, e di colpo mi ritornano in mente le rece dei miei predecessori. Ok, dico, almeno tirati su quel vestitino giallo che hai indosso e fammi vedere un po' di mercanzia. Lei non si scompone, si sfila le mutandine e mi sale sopra mentre le massaggio delicatamente il culetto sodo e piccino piccino, che solo a ripensarci mi torna duro, stavolta come il granito. Dopo un po' di dolce cavalcare amazzonico le chiedo di passare alla missionaria, tanto già so che non potrò resistere a lungo e comincio a pomparla di brutto mentre le ficco mezzo metro di lingua in bocca. Lei sembra gradire, tanto che risponde ai miei baci con altrettanto ardore e mi strizza ben bene il culo fino allo scontato epilogo.
Esco che s'è fatta una certa e vado a sedermi in un caffé per farmi una birra, ma niente. Scoprirò ben presto che trovare un bar che serva alcoolici in quel di Sai Gòn è impresa non facilissima, però noto che gli zozzoni locali che se ne stanno seduti nei ristorantini improvvisati sui loro sgabellini di plastica da asilo nido hanno tutti una bottiglia o un boccale di Tiger in mano. Vabbé, mi accoccolo vicino a loro e mi sparo un paio di drink, tanto per conciliami il sonno. Poi torno in camera e mi faccio una bella dormita.
Il giorno successivo lo passo esplorando la città in lungo in largo e vado a vedere un po' di attrattive storiche e culturali che vi risparmio volentieri, tanto già so che non ve ne fregherebbe una mazza. La sera decido di fare il bravo, anche perchè lo sfizio di piantare la bandierina già me l'ero tolto e poi mi restano ancora un po' di giorni per assaporare ben bene questo Paese.
Il terzo giorno lo dedico mio malgrado alla visita ai Cu Chi tunnels, ovvero la peggior trappola per turisti in cui mi sia imbattuto nel corso di tre, lunghi viaggi in Asia. Escursione da evitare come la peste per la sua falsità, oltre che per l'inutile spreco di tempo e denaro. La sera la passo a bighellonare al night market per comprare qualche souvenir e poi di corsa in hotel a preparare la valigia.
All'alba del day 4 faccio chiamare un taxi e vado alla stazione di Ben Xe Mien Tay dove prenderò l'autobus per Can Tho, terza città del Vietnam per numero di abitanti e capitale del distretto del Delta del Mekong, nel profondo sud del Paese. Il viaggio sui sedili completamente reclinabili e dalle sembianze di vere e proprie cuccette sarebbe anche comodo, se non fosse per il fastidioso odore di piedi di una zozza backpacker crucca che si sarà fatta l'ultima doccia direttamente a Berlino ,il giorno prima di partire per la sua vacanza troppo cool col fidanzatino ventenne barbuto e col toupé, perchè l'han deciso i ricchioni ed io devo accettarlo (cit.)
Arrivo in città che sarà ora di pranzo e prendo al volo il minivan che mi porta all'hotel, ovvero lo sgangheratissimo, puzzolente e oltremodo rumoroso Hau Giang 2. Bestemmio tutti i santi per la mia scelta, poi mi faccio una doccia ed esco a fare un giro. La città è in pieno sviluppo, conta già più di un milione e mezzo di abitanti ed è in continua espansione dopo la recente costruzione di due ponti che hanno reso più agevole il collegamento con il resto del Paese, ma a tutti gli effetti sembra un grosso paesone. Faccio lo struscio di rito sulla sponda del Mekong, mangio qualcosa e torno in albergo per prenotare l'escursione sul Delta e relativi floating markets, fidandomi di alcune recensioni lette su tripadvisor. Mai scelta si rivelò più azzeccata: la simpatica signora sdentata dell'agenzia mi descrive le varie opzioni e io scelgo il tour privato di otto ore, con partenza fissata per la mattina successiva alle 5:30. Dice che verrà a prendermi sua nipote con la colazione pronta e ci accomiatiamo amichevolmente. Non c'è granchè da fare a Can Tho di sera a parte visitare il night market e passaggiare lungo il fiume, e così vado a dormire di buon'ora per ricaricare un po' le pile.
Al mattino trovo la minuta e graziosissima XX XXX (preferisco oscurarne il nome per motivi di galanteria) ad attendermi alla reception. Ci presentiamo e mi fa strada fino all'imbarcadero, dove troviamo una signora tutta sorrisi pronta a scorazzarci sulla sua barchetta del tutto simile alle long tail boats che avrete visto un po' ovunque in Thailandia.
Pronti, via, e il tour si rivelerà fantastico. XX XXX è una ragazza colta, spiritosa e comunista come poche incontrate prima, melanzane viziatelle in primis. Le 8 ore volano e fra di noi cresce l'affiatamento, tanto che sulla via del ritorno è lei stessa a prendere l'iniziativa, chiedendomi prima il contatto faccialibro e poi invitandomi a bere qualcosa con le sue amiche la sera stessa. Ovviamente accetto subito e passo il pomeriggio ad elucubrare strategie scoperecce atte a far capitolare la mia bella guida, non mancando di rinnegare un altro paio di santi per l'infausta scelta in materia di alloggio.
Quando arrivo al luogo dell'appuntamento, un grazioso baretto del centro, la trovo già seduta ad un tavolo con indosso un vestitino color pesca. Si è lavata e improfumata tutta ed è molto più carina di quanto apparisse in jeans e pile, ma soprattutto è lì sola soletta, senza amiche rompicoglioni a fare da contorno. Esulto in cuor mio e la saluto con un galantissimo baciamano, mossa che in passato mi ha regalato non poche soddisfazioni tromberecce. Lei arrossisce e la serata scorre piacevole mentre le bottiglie vuote di Tiger si allineano sul tavolino. Finito il quarto giro la porto a fare una passeggiata sul lungofiume e non appena trovo una panchina un po' appartata, lontana dal via vai, ci sediamo e le ficco subito la lingua in bocca. La compagna mulina che è un piacere e tempo due giri di lancette le sto già mettendo la mano sotto il gonnellino per risalire fino all'orlo delle mutandine che, sopresa sorpresa, sono zuppe come le sponde del Mekong dopo un'esondazione. In men che non si dica la sto portando alla mia stamberga, pregando tutte le sante del paradiso che la receptionist non decida di fare la stronza. Per fortuna non la trovo al suo posto (figurarsi, in cotale tugurio) e, fatte due rampe di scale mano nella mano come due piccioncini, siamo nella mia cella (chiamarla stanza sarebbe troppo), ma lei non sembra nemmeno accorgersi di quello che sta accadendo. Continua a baciarmi e ad accarezzarmi la patta e sento che se non la scopo subito finiranno per esplodermi i jeans.
Ma prima i convenevoli, o foreplay, se preferite l'idioma d'Albione. Non sono stato lì a cronometrare il tutto, ma credo di avergliela leccata per mezz'ora almeno prima di montarla in tre, quattro posizioni, con somma e reciproca soddisfazione.
Quando siamo andati a fare la doccia mi ha detto che avrebbe dovuto andar via presto per cambiarsi prima di riattaccare al lavoro. Povera XX XXX, ho pensato, e per renderle meno pesante la levataccia ho pensato bene di leggargliela di nuovo, non mancando di darle un ultimo assaggio di salsiccia nostrana prima del triste commiato. Prima di vederla scomparire all'interno del taxi che mi sono offerto, anzi ho letteralmente insistito di pagare, mi è sembrato di intravvedere una lacrimuccia far capolino da quei begli occhietti a mandorla che forse non rivedrò mai più, ma che mi resteranno scolpiti nella mente per il resto dei miei giorni.
L'alba del sesto giorno già filtra attraverso i vetri zozzi della mia stanza e già so che oggi sarà una lunga giornata, con il volo per Hanoi e tutti i lazzi e cazzi a corredo e penso a XX XXX ,e soprattutto a chi avrà la fortuna di godere della sua compagnia durante il tour di oggi. Più tardi mi scriverà che trattasi di una coppia di tedeschi e che le manco tanto. Le rispondo che è una ragazza fantastica e le prometto che un giorno ci rivedremo.
Non so perchè l'ho detto, ma giuro che ci credevo e ci credo ancora adesso che sto scrivendo.
Epilogo:
In tre giorni e 1/2 ad Hanoi non mi è capitato nulla che valga la pena di essere raccontato qui. La città è bellissima, per quanto bella possa essere una metropoli asiatica. Domani mi aspetta Halong bay e torme di sbarbatelli fetenti impegnati a mostrare tatuaggi e capelli sporchi come il Fiume Rosso, quindi temo che le mie zingarate vietnamtire possano dichiararsi finite.
Un vero peccato, perchè questo Paese ha tanto da offrire sotto tutti i punti di vista, compreso quello che a noi sta più a cuore.
Le donne più belle le ho viste a Sud, specialmente a Can Tho, ma è cosa vecchia e nota come il cazzo che le ragazze di città abbiano atteggiamenti e modi di fare più snob di quelle di provincia. Comunque concordo con tutti quelli che han scritto che le vietnamite sono mediamente le più gnocche di tutta l'Asia mandorlata. Forse.
Ma le donne sono tutte belle, almeno fino al momento in cui non diventano uomini con le zinne, stressate e incazzate con tutto e con tutti per il solo fatto di essere nate in una civiltà, quella occidentale, che le ha rese irrimediabilmente stanche e viziate.
PS Quasi dimenticavo il simpatico siparietto di una coppia di backpackers: ieri sera passeggiavo per l'incasinatissimo Old Quarter e subito noto lui, sporco come un minatore, vestito di stracci e a piedi nudi (!!!).
Bene, quello stesso alternativo tutto "love, love, love" (cit.) aveva preso il mio stesso volo da Can Tho ad Hanoi, quattro giorni fa.
Beh, direte voi, che ci sarà mai di strano?
La cosa "strana" è che il summenzionato, assieme alla sua dolce metà, ha volato in Business Class, passando tutto il tempo d'attesa nella Vip Lounge a sorseggiare watermelon juice a a farsi massaggiare i piedi puzzolenti dalle poltrone elettriche.
Bel raccontino anche se molte situazioni si sono già sentite. Menzione speciale per i backpackers puzzolenti, evidentemente è una nuova moda, la backpacker tedesca che ho incontrato io era pulita e profumata specialmente dove era più richiesto dalle circostanze
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Romantico_Trombante
19/01/2017 | 10:41
Newbie
Scrivo dopo dieci giorni e notti intensi a dir poco in quel merviglioso Paese che è il Vietnam, terra bistrattata e consunta dal colonialismo franzoso e da secoli di feroce feudalesimo autoctono, oltre che dal ben noto conflitto ventennale con l'Ammeriga capitalista e imperialista.
Data la mia indole poco incline a ricalcare quanto già fatto e codificato da milioni di altri visitatori di questa terra ancora poco strutturata ad accogliere un turismo, diciamo, di massa, ho preferito organizzare il mio itinerario in senso inverso rispetto alla direttiva dominante, ovvero quella che da Nord porta a Sud. E così ho cominciato a scoprire l'universo vietnamita direttamente da Sai Gòn, ribattezzata Ho Chi Minh City dai comunistazzi che governano il Paese in sinergia con la vicina Cina, che tutti o quasi adorano come noialtri facciamo con la cara, vecchia fai-ga (libera cit. Jerry Calà, Vacanze in America). Il volo Airasia da Bangkok è arrivato in orario, come assai spesso accade quando si vola con questa fantastica compagnia low cost, e una volta fuori dall'aeroporto non è stato difficile trovare un modo rapido e soprattutto economico di raggiungere il mio hotel, il Sonnet Saigon Hotel, un onesto tre stelle sito in zona centrale e strategica, a distanza pedonale da tutte le attrattive artistiche e culturali che la città offre, ma soprattutto sufficientemente al riparo da tutta la serie di ostelli e alberghetti popolati dalle schiere di fighetti backpacker, sui quali tornerò a fine rece per un simpatico aneddoto atto ad illustrarne tutta l'ipocrisia modaiola.
Una volta liberatomi del bagaglio e fatta una rpida doccia, decido di uscire per una prima escursione ricognitiva, oltre che per mangiare un boccone.
Non avendo voglia di rischiare da subito con lo street food locale, che a posteriori si rivelerà una scoperta sfiziosa e (ad ora) del tutto sana, opto per un sushi tei, ovvero una catena molto diffusa in Asia e che avevo a suo tempo scoperto nella mia amata Jakarta, ovvero la capitale mondiale del free. Finita la pappatoria, mi avventuro nella zona del mercato diurno e notturno, per imbattermi in una serie di centri massaggi popolati da gnocche e gnocchette tutte in uniforme, come si addice ad ogni regime che si rispetti. Memore di quanto letto sui forum sparsi per il web e nelle recensioni pubblicate su GT da altri avventori della gnocca mandorlata, propendo per un approccio coi piedi di piombo, tanto per mantenere un lessico di stampo bellico. Nonostante le premesse, non riesco a resistere al richiamo di una dea profumata e frangettata, pelle color porcellana, fisico asciutto da modella e statura invidiabile per molte asiatiche e un buon 90% delle melanzane italiche.. La tipa mi mostra il menu della casa, constante di massaggi standard (body, foot, head and shoulder, tanto per intenderci), ma non accenna ad alcun extra. Decido di fare io la la prima mossa e le dico apertamente che non me ne frega una beneamata di farmi spezzare la schiena, ma che voglio qualcosa di speciale e molto, molto privato. La porcellina se la ride e mi dice che sì, tutto si può fare, ma che per una bottarella nel privé ci vogliono 100 dolla. Stavolta è il mio turno di ridere e le rispondo no no, mamma dice che più di 40 dolla non devo spendere (cit.) Comincia la contrattazione, ma complice il fatto che sono cresciuto a Napoli, la bimba scoprirà presto che è dura tirare sul prezzo con il sottoscritto. Alla fine la sfango per 60 dolla e lei mi prende per mano, portandomi nel retro della boutique, tra gli sguardi incazzati di due o tre colleghe che probabilmente la stanno maledicendo per essersi concessa così facilmente all'uomo bianco, zozzo capitalista e imperialista.
Entriamo in una stanzetta e lei mi lava accuratamente l'uccello per poi asciugarmelo con un panno che sembra di seta, bello e profumato quasi quanto lei, poi mi fa segno di rimettermi le mutande e di stendermi sul lettino per il massaggio. Io le ripeto che m'importa una sega, ma lei è irremovibile e pure mezza incazzata, così decido di ubbidire e mi lascio manipolare la schiena per mezz'ora buona. Quando mi dice di girarmi e di mettermi supino, le prendo subito la manina fatata e la poso sul mio uccello, che per magia diventa subito duro come il marmo di carrara più puro e immacolato. Lei ride per la seconda volta da quando ci conosciamo, che ormai sembra quasi una vita, e io ne approfitto per chiederle di succhiarmelo. Detto fatto, me lo sta slinguazzando tutto che è un piacere e tempo due o tre minuti sono già quasi sul punto di venire, così le accarezzo dolcemente l'arrapantissima frangetta e le chiedo di spogliarsi. Niente,nothing, rien, nada! Questo proprio non si può, e di colpo mi ritornano in mente le rece dei miei predecessori. Ok, dico, almeno tirati su quel vestitino giallo che hai indosso e fammi vedere un po' di mercanzia. Lei non si scompone, si sfila le mutandine e mi sale sopra mentre le massaggio delicatamente il culetto sodo e piccino piccino, che solo a ripensarci mi torna duro, stavolta come il granito. Dopo un po' di dolce cavalcare amazzonico le chiedo di passare alla missionaria, tanto già so che non potrò resistere a lungo e comincio a pomparla di brutto mentre le ficco mezzo metro di lingua in bocca. Lei sembra gradire, tanto che risponde ai miei baci con altrettanto ardore e mi strizza ben bene il culo fino allo scontato epilogo.
Esco che s'è fatta una certa e vado a sedermi in un caffé per farmi una birra, ma niente. Scoprirò ben presto che trovare un bar che serva alcoolici in quel di Sai Gòn è impresa non facilissima, però noto che gli zozzoni locali che se ne stanno seduti nei ristorantini improvvisati sui loro sgabellini di plastica da asilo nido hanno tutti una bottiglia o un boccale di Tiger in mano. Vabbé, mi accoccolo vicino a loro e mi sparo un paio di drink, tanto per conciliami il sonno. Poi torno in camera e mi faccio una bella dormita.
Il giorno successivo lo passo esplorando la città in lungo in largo e vado a vedere un po' di attrattive storiche e culturali che vi risparmio volentieri, tanto già so che non ve ne fregherebbe una mazza. La sera decido di fare il bravo, anche perchè lo sfizio di piantare la bandierina già me l'ero tolto e poi mi restano ancora un po' di giorni per assaporare ben bene questo Paese.
Il terzo giorno lo dedico mio malgrado alla visita ai Cu Chi tunnels, ovvero la peggior trappola per turisti in cui mi sia imbattuto nel corso di tre, lunghi viaggi in Asia. Escursione da evitare come la peste per la sua falsità, oltre che per l'inutile spreco di tempo e denaro. La sera la passo a bighellonare al night market per comprare qualche souvenir e poi di corsa in hotel a preparare la valigia.
All'alba del day 4 faccio chiamare un taxi e vado alla stazione di Ben Xe Mien Tay dove prenderò l'autobus per Can Tho, terza città del Vietnam per numero di abitanti e capitale del distretto del Delta del Mekong, nel profondo sud del Paese. Il viaggio sui sedili completamente reclinabili e dalle sembianze di vere e proprie cuccette sarebbe anche comodo, se non fosse per il fastidioso odore di piedi di una zozza backpacker crucca che si sarà fatta l'ultima doccia direttamente a Berlino ,il giorno prima di partire per la sua vacanza troppo cool col fidanzatino ventenne barbuto e col toupé, perchè l'han deciso i ricchioni ed io devo accettarlo (cit.)
Arrivo in città che sarà ora di pranzo e prendo al volo il minivan che mi porta all'hotel, ovvero lo sgangheratissimo, puzzolente e oltremodo rumoroso Hau Giang 2. Bestemmio tutti i santi per la mia scelta, poi mi faccio una doccia ed esco a fare un giro. La città è in pieno sviluppo, conta già più di un milione e mezzo di abitanti ed è in continua espansione dopo la recente costruzione di due ponti che hanno reso più agevole il collegamento con il resto del Paese, ma a tutti gli effetti sembra un grosso paesone. Faccio lo struscio di rito sulla sponda del Mekong, mangio qualcosa e torno in albergo per prenotare l'escursione sul Delta e relativi floating markets, fidandomi di alcune recensioni lette su tripadvisor. Mai scelta si rivelò più azzeccata: la simpatica signora sdentata dell'agenzia mi descrive le varie opzioni e io scelgo il tour privato di otto ore, con partenza fissata per la mattina successiva alle 5:30. Dice che verrà a prendermi sua nipote con la colazione pronta e ci accomiatiamo amichevolmente. Non c'è granchè da fare a Can Tho di sera a parte visitare il night market e passaggiare lungo il fiume, e così vado a dormire di buon'ora per ricaricare un po' le pile.
Al mattino trovo la minuta e graziosissima XX XXX (preferisco oscurarne il nome per motivi di galanteria) ad attendermi alla reception. Ci presentiamo e mi fa strada fino all'imbarcadero, dove troviamo una signora tutta sorrisi pronta a scorazzarci sulla sua barchetta del tutto simile alle long tail boats che avrete visto un po' ovunque in Thailandia.
Pronti, via, e il tour si rivelerà fantastico. XX XXX è una ragazza colta, spiritosa e comunista come poche incontrate prima, melanzane viziatelle in primis. Le 8 ore volano e fra di noi cresce l'affiatamento, tanto che sulla via del ritorno è lei stessa a prendere l'iniziativa, chiedendomi prima il contatto faccialibro e poi invitandomi a bere qualcosa con le sue amiche la sera stessa. Ovviamente accetto subito e passo il pomeriggio ad elucubrare strategie scoperecce atte a far capitolare la mia bella guida, non mancando di rinnegare un altro paio di santi per l'infausta scelta in materia di alloggio.
Quando arrivo al luogo dell'appuntamento, un grazioso baretto del centro, la trovo già seduta ad un tavolo con indosso un vestitino color pesca. Si è lavata e improfumata tutta ed è molto più carina di quanto apparisse in jeans e pile, ma soprattutto è lì sola soletta, senza amiche rompicoglioni a fare da contorno. Esulto in cuor mio e la saluto con un galantissimo baciamano, mossa che in passato mi ha regalato non poche soddisfazioni tromberecce. Lei arrossisce e la serata scorre piacevole mentre le bottiglie vuote di Tiger si allineano sul tavolino. Finito il quarto giro la porto a fare una passeggiata sul lungofiume e non appena trovo una panchina un po' appartata, lontana dal via vai, ci sediamo e le ficco subito la lingua in bocca. La compagna mulina che è un piacere e tempo due giri di lancette le sto già mettendo la mano sotto il gonnellino per risalire fino all'orlo delle mutandine che, sopresa sorpresa, sono zuppe come le sponde del Mekong dopo un'esondazione. In men che non si dica la sto portando alla mia stamberga, pregando tutte le sante del paradiso che la receptionist non decida di fare la stronza. Per fortuna non la trovo al suo posto (figurarsi, in cotale tugurio) e, fatte due rampe di scale mano nella mano come due piccioncini, siamo nella mia cella (chiamarla stanza sarebbe troppo), ma lei non sembra nemmeno accorgersi di quello che sta accadendo. Continua a baciarmi e ad accarezzarmi la patta e sento che se non la scopo subito finiranno per esplodermi i jeans.
Ma prima i convenevoli, o foreplay, se preferite l'idioma d'Albione. Non sono stato lì a cronometrare il tutto, ma credo di avergliela leccata per mezz'ora almeno prima di montarla in tre, quattro posizioni, con somma e reciproca soddisfazione.
Quando siamo andati a fare la doccia mi ha detto che avrebbe dovuto andar via presto per cambiarsi prima di riattaccare al lavoro. Povera XX XXX, ho pensato, e per renderle meno pesante la levataccia ho pensato bene di leggargliela di nuovo, non mancando di darle un ultimo assaggio di salsiccia nostrana prima del triste commiato. Prima di vederla scomparire all'interno del taxi che mi sono offerto, anzi ho letteralmente insistito di pagare, mi è sembrato di intravvedere una lacrimuccia far capolino da quei begli occhietti a mandorla che forse non rivedrò mai più, ma che mi resteranno scolpiti nella mente per il resto dei miei giorni.
L'alba del sesto giorno già filtra attraverso i vetri zozzi della mia stanza e già so che oggi sarà una lunga giornata, con il volo per Hanoi e tutti i lazzi e cazzi a corredo e penso a XX XXX ,e soprattutto a chi avrà la fortuna di godere della sua compagnia durante il tour di oggi. Più tardi mi scriverà che trattasi di una coppia di tedeschi e che le manco tanto. Le rispondo che è una ragazza fantastica e le prometto che un giorno ci rivedremo.
Non so perchè l'ho detto, ma giuro che ci credevo e ci credo ancora adesso che sto scrivendo.
Epilogo:
In tre giorni e 1/2 ad Hanoi non mi è capitato nulla che valga la pena di essere raccontato qui. La città è bellissima, per quanto bella possa essere una metropoli asiatica. Domani mi aspetta Halong bay e torme di sbarbatelli fetenti impegnati a mostrare tatuaggi e capelli sporchi come il Fiume Rosso, quindi temo che le mie zingarate vietnamtire possano dichiararsi finite.
Un vero peccato, perchè questo Paese ha tanto da offrire sotto tutti i punti di vista, compreso quello che a noi sta più a cuore.
Le donne più belle le ho viste a Sud, specialmente a Can Tho, ma è cosa vecchia e nota come il cazzo che le ragazze di città abbiano atteggiamenti e modi di fare più snob di quelle di provincia. Comunque concordo con tutti quelli che han scritto che le vietnamite sono mediamente le più gnocche di tutta l'Asia mandorlata. Forse.
Ma le donne sono tutte belle, almeno fino al momento in cui non diventano uomini con le zinne, stressate e incazzate con tutto e con tutti per il solo fatto di essere nate in una civiltà, quella occidentale, che le ha rese irrimediabilmente stanche e viziate.
PS Quasi dimenticavo il simpatico siparietto di una coppia di backpackers: ieri sera passeggiavo per l'incasinatissimo Old Quarter e subito noto lui, sporco come un minatore, vestito di stracci e a piedi nudi (!!!).
INCONTRA DONNE VOGLIOSEBene, quello stesso alternativo tutto "love, love, love" (cit.) aveva preso il mio stesso volo da Can Tho ad Hanoi, quattro giorni fa.
Beh, direte voi, che ci sarà mai di strano?
La cosa "strana" è che il summenzionato, assieme alla sua dolce metà, ha volato in Business Class, passando tutto il tempo d'attesa nella Vip Lounge a sorseggiare watermelon juice a a farsi massaggiare i piedi puzzolenti dalle poltrone elettriche.
Lozio
19/01/2017 | 11:43
Pattaya | 26-35
Silver
Te la stai godendo...😉 i backpackers non ti mollano ahaha
Leggi le recensioni ESCORT e non farti fregare, trova la ESCORT nella tua cittàFlautoMagico
19/01/2017 | 20:13
Roma | 36-50
Gold
Bel raccontino anche se molte situazioni si sono già sentite. Menzione speciale per i backpackers puzzolenti, evidentemente è una nuova moda, la backpacker tedesca che ho incontrato io era pulita e profumata specialmente dove era più richiesto dalle circostanze
- Che cazzo è quello?
- Ti sei risposto da sola.